vergogna e timidezza

La vergogna è un'emozione sociale legata al timore di suscitare negli altri valutazioni negative con danno all'immagine che si vorrebbe dare di sé e alla propria autostima. La timidezza può essere definita come un tratto di personalità caratterizzato dalla tendenza duratura a prevenire l'emozione di vergogna: di per sé non va considerata come un "difetto" o una qualità negativa di cui liberarsi se non comporta alti livelli di ansia e la tendenza ad evitare situazioni in cui si è esposti al giudizio altrui (a questo proposito si può leggere la pagina Disturbo d'ansia sociale).

La vergogna è un'emozione universale che tutti sperimentano. Infatti, l'uomo è un animale sociale e vergognarsi significa condividere valori e norme sociali del gruppo:  è un campanello d'allarme che ci fa avvertire in modo sgradevole che la nostra immagine sociale è in pericolo e che, se non facciamo nulla per evitarlo, corriamo il rischio di non essere accettati dal gruppo di appartenenza. In questo senso ha una funzione simile a quella dell'imbarazzo. Infatti, mostrarsi imbarazzati è un segnale di disagio che equivale ad una scusa: rivela la consapevolezza di aver fatto un errore (ad esempio, aver urtato qualcuno, fatto cadere qualcosa oppure commesso una gaffe) e l’intenzione di porvi rimedio, quindi anche una buona sensibilità verso gli altri. Per questo, l’imbarazzo suscita negli altri comprensione ed empatia: diverse ricerche hanno dimostrato che chi mostra segnali di disagio dopo un episodio imbarazzante viene giudicato dagli altri in modo più positivo di chi, invece, si limita a riparare al danno (ad esempio, chiedendo scusa) ma con un atteggiamento impassibile che non fa trapelare emozioni. L'imbarazzo può essere definito come una forma attenuata di vergogna, meno intensa e paralizzante e limitata a un evento particolare: la perdita o il timore della perdita di una buona immagine di sè è legata alla situazione specifica, non è generalizzata ad un giudizio globale sulla propria persona come avviene nella vergogna. Inoltre, l'imbarazzo richiede autoconsapevolezza ma non necessariamente una valutazione negativa (si può provare imbarazzo per un complimento) e si prova sempre in pubblico mentre la vergogna può essere avvertita anche quando ci si ritrova soli con se stessi. La vergogna differisce dalla colpa: quest'ultima deriva da una valutazione negativa riguardo propri comportamenti (ad esempio: "Ho sbagliato perchè ho agito senza farmi scrupoli") che non necessariamente si estende ad un giudizio generale su di sé come nella vergogna (ad esempio: "Sono indegno").

La vergogna si manifesta attraverso:

- disagio molto acuto che, soprattutto se si scatena in pubblico e in modo improvviso, comporta reazioni corporee che includono rossore, tachicardia,  sensazioni intense di caldo/freddo, abbassare o distogliere lo sguardo, testa reclinata o rivolta altrove, postura ripiegata su di sè, spalle strette, tendenza a coprirsi il volto con le mani;

- sentirsi sbagliati, inadeguati, incapaci, deboli, rifiutati;

- concentrazione totale dell'attenzione su di sé;

- desiderio di nascondersi, di scomparire, di scappare;

- senso di impotenza, inibizione del movimento, paralisi (si vorrebbe rispondere all'interlocutore, scappare o altro ma non si riesce a fare nulla);

- interruzione dell'attività in corso, confusione, incapacità di concentrarsi;

- il linguaggio si fa incerto, ambiguo, poco organizzato e i concetti vengono "camuffati" ma termini poco precisi, informazioni irrilevanti, banali o ripetute;

- comportamento compiacente e sorridente o, al contrario, rabbioso, con attacco a scopo difensivo;

Dato il forte disagio che comporta, spesso si mettono in atto strategie per far sì che svanisca più in fretta possibile. Tra queste:

- spostare l'attenzione

- ridere: il riso aiuta a prendere le distanze da ciò che si prova internamente e stempere l'imbarazzo in situazione sociali

- sostituirla con un'altra emozione, come tristezza o rabbia

- modificare a posteriori la valutazione cognitiva dell'evento: spostare la responsabilità da sé all'esterno (ad esempio, attribuirla ali altri o al contesto) o minimizzare l'importanza di quanto avvenuto riguardo alle sue conseguenze sociali ("Non mi importa", "Non è poi così grave", "Non ci saranno risvolti negativi", "Avrò modo di recuperare") o al proprio concetto generale di sé ("Non sono una persona indegna, incapace, ecc.").

Quando la percezione di vergogna non è transitoria e occasionale ma ripetuta e costante (per caratteristiche di personalità o per situazioni umilianti dalle quali l'individuo non può sottrarsi), diventa una minaccia insostenibile per la propria autostima. In questi casi, si possono avere reazioni che sono a loro volta fonte di disagio, quali:

- rifiuto: allontanare i problemi reali dalla coscienza negando gli aspetti dell'esistenza che causano vergogna;

- allontanamento: ritirarsi dagli altri, ad esempio limitando i contatti e le occasioni sociali o chiudendosi emotivamente 

- perfezionismo: cercare di non commettere errori pensando che solo se si è "perfetti" non si avrà più nulla di cui vergognarsi

- arroganza: comportarsi con superiorità o mettere in evidenza di continuo di difetti altrui

- esibizionismo: mostrarsi in pubblico come atto provocatorio e aggressivo per non subire passivamente la vergogna

- dipendenza dall'altro: per rendersi amabile e ben voluta ed evitare così la vergogna la persona diventa come crede che gli altri la vorrebbero, fino a rinunciare ai propri bisogni 

- depressione: il senso di impotenza, il ripiegamento su di sé e l'esclusione dal contesto sociale associati alla vergogna diventano la base per uno stato depressivo

- rabbia: la vergogna rappresenta una minaccia alla propria identità personale e, per questo, può provocare una sensazione di rabbia verso le persone da cui ci si sente disprezzati, che si può esprimere come rabbia passeggera associata all'episodio di vergogna ma anche sotto forma di recriminazioni e ruminazioni (pensieri negativi ripetitivi che, in questo, caso hanno per oggetto gli "altri" da cui ci si sente svalutati); l'aggressività espressa apertamente può essere essa stessa causa di vergogna, innescando un circolo vizioso.

  • Maria Apparigliato e Susanna Lissandron (2010). La cura delle emozioni in terapia cognitiva. Alpes

  • Alessandra Del Rosso e altri (2014). La vergogna in psicopatologia. Cognitivismo Clinico 11, 1, 27-61 

Articoli divulgativi di Margherita Zannoni:

"Che figura!" Focus n. 244

"La rivincita degli incompresi" Focus n. 227